DUE DILIGENCES NPL

Lo Studio Legale De Santis presta assistenza e consulenza legale nell’acquisizione e gestione, sia giudiziale che stragiudiziale, di crediti deteriorati (Non Performing Loans-NPL), affiancando il cliente tramite due diligence, nell’acquisizione di cartolarizzazioni e portafogli, garantendo un elevato livello di competenza e professionalità.

Lo Studio si avvale di un organico di professionisti legali, tecnici e commerciali, funzionale ad una gestione capillare dei portafogli gestiti, e dispone di un consolidato network di consulenti e corrispondenti.

L’ordinaria gestione legale e negoziale delle sofferenze è supportata dalle attività specialistiche che lo Studio è in grado di fornire nel segmento dei crediti di natura ipotecaria, tese alla valorizzazione e alla tutela del valore del cespite cauzionale. Oltre agli strumenti di natura giudiziale, come le attività di litigation nelle procedure, le azioni di conservazione delle garanzie ecc., lo Studio offre ai propri clienti anche i servizi di valutazione, amministrazione, custodia e conservazione dei beni. Lo Studio si propone, quindi, come partner delle Banche ed degli investitori qualificati che si rivolgono al mercato degli NPLs (NPL Servicer).

Le banche e gli intermediari finanziari devono essere in grado di percepire e quindi manifestare la qualità del credito del proprio “portafoglio impieghi”. La Banca d’Italia richiede pertanto se i singoli crediti fanno parte o meno delle attività deteriorate, in ottemperanza della normativa e degli obblighi di segnalazione di vigilanza.

La variabile di classificazione, da parte dell’intermediario segnalante, può pertanto assumere la qualifica di “credito deteriorato” oppure “non deteriorato”. Analogamente anche le normative di bilancio ed i principi contabili Ias/Ifrs, come le prescrizioni di Basilea, hanno previsto l’identificazione dei past due loan ovvero delle “attività deteriorate”, che sono suddivisibili in base al livello di patologia in esposizioni: “scadute o sconfinanti”, ristrutturate, incagliate e sofferenze.

Esposizioni che alla data di riferimento sono “scadute o sconfinanti” da oltre 90 giorni (ex 180 giorni) con carattere continuativo. Questa categoria di crediti deve “comprendere le esposizioni di cassa e quelle fuori bilancio, per le quali, per gli intermediari finanziari (ex art.107 del T.U.B), la Circolare n.217 qualifica le “attività deteriorate” in modo identico a quanto previsto per le banche (Circolare n.272 del 30 luglio 2008 “Matrice dei Conti” e successivi aggiornamenti).

Le esposizioni ristrutturate sono posizioni per le quali l’intermediario, a causa del deterioramento della situazione economica e finanziaria del debitore, acconsente a modificare le originarie condizioni contrattuali dando origine ad una perdita. Ciò avviene ad esempio a seguito del prolungamento di un finanziamento da tre a cinque anni, per il quale la banca subisce una riduzione degli interessi da incassare.

Le esposizioni incagliata sono le posizioni dei clienti che versano in una situazione di temporanea difficoltà di tipo economico, finanziario, gestionale, nella prospettiva che tale situazione possa essere superata in un congruo limite di tempo.

Sebbene la rapidità con cui si accumulano i crediti deteriorati si sia fortemente attenuata nel corso del 2015, la capacità degli intermediari di riequilibrare i propri bilanci in tempi ragionevoli dipende in modo rilevante dall’efficienza delle procedure di recupero.

Il protrarsi della crisi ha verosimilmente ridotto la capacità di valorizzare le attività delle imprese sul mercato, e le percentuali recuperate si sono ridotte per tutte le procedure. I recuperi sono conseguiti quasi integralmente entro cinque anni dall’avvio della liquidazione, a prescindere dalla durata e dal tipo di procedura giudiziaria (fallimenti, concordati preventivi o posizioni interessate prevalentemente da esecuzioni immobiliari). Questo risultato appare particolarmente importante perché delinea un divario tra il decorso formale delle procedure e la loro durata utile sotto il profilo dei risultati economici

Le ristrutturazioni richiedono un periodo relativamente lungo prima di evolvere verso il recupero o la definiva liquidazione dell’impresa: a quattro anni dal loro avvio, il 62 per cento delle ristrutturazioni (in termini degli importi del credito coinvolto) risulta ancora in corso. La trasformazione in liquidazioni riguarda il 23 per cento dei prestiti; il rientro in una situazione di riequilibrio finanziario e l’acquisizione o l’incorporazione dell’impresa da parte di altre società riguarda il restante 15 per cento. Liquidazioni e ristrutturazioni si differenziano per la loro durata e per la quota media di credito assistito da garanzie: considerando le procedure in corso, le liquidazioni risultano aperte mediamente da 3,5 anni, le ristrutturazioni da 1,8; l’età media è verosimilmente abbassata dalla forte crescita del numero di procedure avviate negli anni recenti in conseguenza della crisi.

In media le ristrutturazioni sono assistite da garanzia reale per circa il 50 per cento del credito, otto punti percentuali in più rispetto alle liquidazioni: la disponibilità dei debitori a raggiungere accordi che preservino la continuità aziendale appare quindi maggiore in presenza di garanzie di valore significativo. La gestione dei crediti deteriorati ha assorbito il 2,8 per cento dei costi operativi delle banche. I crediti deteriorati sono stati gestiti principalmente attraverso la cessione a terzi o attraverso strutture interne dedicate a tale attività. Gli assetti organizzativi delle banche per la gestione dei crediti deteriorati appaiono diversificati.

Nell’estate del 2015 sono stati adottati importanti provvedimenti volti a migliorare il contesto istituzionale per la gestione dei crediti deteriorati, che affrontano alcuni di questi aspetti.

Considerando le procedure giudiziarie, i fallimenti rappresentano circa la metà del valore complessivo degli importi segnalati (fonte: Banca d’Italia), mentre il peso dei concordati supera di poco quello delle esecuzioni immobiliari. I concordati preventivi sono impiegati per liquidare posizioni di maggiori dimensioni rispetto ai fallimenti.

Gli accordi stragiudiziali sono utilizzati per recuperare crediti di importo più contenuto rispetto a quelli interessati da procedure giudiziarie. Il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria è crescente dal piano di risanamento al concordato; solo nel concordato è possibile estendere anche ai creditori non aderenti il contenuto dell’accordo (che può prevedere il pagamento parziale dei crediti).

Infine il concordato continua a essere impiegato prevalentemente con finalità liquidatorie. Nel 2005 la disciplina del concordato è stata profondamente rivista con l’obiettivo di introdurre nell’ordinamento italiano uno strumento di ristrutturazione sulla falsariga del chapter 11 statunitense (cfr. nota 6); in precedenza il concordato aveva finalità esclusivamente liquidatorie; l’età stimata dei fallimenti è pari a 3,8 anni, quella dei concordati a 2,9 e quella delle procedure esecutive a 3,3. L’età media ponderata per l’importo è inferiore a quella sulla base del numero di posizioni (soprattutto per i fallimenti); ciò suggerisce che le liquidazioni avviate più recentemente abbiano riguardato imprese di maggiori dimensioni. Le operazioni di ristrutturazione hanno un’età media di 1,8 anni, la metà di quella delle liquidazioni. Quasi il 90 per cento dei volumi di credito è coinvolto in operazioni avviate da meno di tre anni; quasi il 40 per cento da meno di un anno.

Mentre la quota di credito assistito da garanzie reali per gli accordi stragiudiziali è in linea con la media, tra le procedure giudiziali la situazione è differenziata: le esecuzioni immobiliari sono utilizzate per crediti assistiti da garanzie reali per quasi il 70 per cento degli importi; per le procedure concorsuali tale quota risulta circa la metà15 . I finanziamenti oggetto di ristrutturazione assistiti da garanzia reale sono pari al 50 per cento. Gli accordi stragiudiziali interessano prestiti assistiti da garanzie reali per una quota più elevata rispetto alle procedure giudiziarie (54 contro 47 per cento). La più elevata incidenza delle garanzie reali nel caso delle ristrutturazioni rispetto alle liquidazioni suggerisce una maggiore disponibilità dei debitori a raggiungere accordi che preservino la continuità aziendale nei casi in cui il credito della banca sia assistito da garanzie di valore significativo.

Il tasso medio di recupero è pari al 41 per cento; pur con l’importante notazione che tale valore medio è stato calcolato su valori non attualizzati, il corrispondente tasso di perdita (59 per cento) è in linea con l’incidenza media delle rettifiche di valore apportate dalle banche al valore lordo delle sofferenze (per il sistema bancario italiano il tasso di copertura medio delle sofferenze è stato il 58,7 per cento.)

I tassi di recupero medi presentano una marcata variabilità tra le banche che non è correlata con la dimensione del gruppo bancario, sebbene il tasso di recupero per i primi cinque gruppi sia leggermente superiore a quello medio del campione (fonte: Banca d’Italia). Considerando le diverse procedure, emerge che i tassi di recupero più elevati sono quelli delle procedure esecutive immobiliari; le iniziative stragiudiziali si collocano su valori medi significativamente superiori a quelli delle procedure concorsuali e tra queste ultime i concordati si caratterizzano per tassi di recupero superiori a quelli dei fallimenti.

I risultati sui tassi di recupero delle diverse procedure non possono essere interpretati come indicativi della loro efficacia in quanto essi riflettono anche le scelte del creditore in merito alla procedura da impiegare (dati i vincoli di legge), che a loro volta sono influenzate dalle caratteristiche delle posizioni da liquidare (in termini di grado di deterioramento e di incidenza delle garanzie).

Ad esempio, il più elevato tasso di recupero registrato per le esecuzioni immobiliari è verosimilmente determinato dal fatto che i finanziamenti per cui si attivano tali procedure sono tipicamente assistiti da garanzia reale. Con il protrarsi della congiuntura economica sfavorevole le quantità recuperate si sono ridotte. La capacità di recuperare le somme erogate è diminuita di oltre otto punti percentuali dal 2011 al 2014, portandosi al 37 per cento. La flessione è stata particolarmente marcata per i concordati preventivi e per le procedure esecutive immobiliari. Confrontando questi risultati con quelli di precedenti indagini, i tassi di recupero sembrano essersi ridotti soprattutto per gli accordi stragiudiziali e le procedure esecutive, mentre non emerge una chiara evoluzione per le procedure concorsuali.

La quota del recupero complessivo realizzata entro il quarto anno è pari a circa l’85%. Entro il quinto anno il recupero è pressoché completato per le esecuzioni e i concordati ed è pari a più dell’80 per cento per i fallimenti.

Il profilo temporale del tasso di recupero evidenzia che la relazione tra l’età (e quindi, tendenzialmente, la durata) delle procedure e la loro efficacia non è lineare. Tale risultato può essere in parte determinato da problemi di selezione: le posizioni soggette a procedure più lunghe potrebbero essere quelle che all’avvio si trovavano in una situazione di deterioramento creditizio più grave o che presentavano profili di maggiore complessità, ad esempio sotto il profilo giuridico.

I tassi di recupero complessivo, se calcolati attualizzando i flussi secondo un appropriato tasso di sconto, risulterebbero inferiori, e la curva dei tassi di recupero nel tempo risulterebbe più bassa e piatta. Un incremento nullo o molto ridotto del tasso di recupero nominale nel tempo, per le procedure con una durata superiore ai cinque anni, rappresenta quindi, in termini reali, una recupero di valore netto estremamente limitato per il creditore.