
Il diritto di visita del genitore non collocatario ai tempi dell’emergenza Covid-19.
- 4 Aprile 2020
- covid, distanziamento sociale, divorzio, dpcm, emergenza, figli, separazione
Come noto, i vari DPCM che si sono susseguiti nel corso del mese di marzo 2020 hanno via via reso più stringenti le limitazioni imposte ai cittadini nell’ottica del contenimento della pandemia che tutti conosciamo ormai come Covid-19.
In ordine cronologico, i provvedimenti che sono ormai entrati a far parte del nostro gergo quotidiano nonostante la loro tecnicità e specialità, sono i seguenti:
- DPCM 8 marzo 2020 – che ha disposto il divieto di ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita, nonché all’interno del proprio comune di residenza, per la Regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, disponendo altresì la chiusura di tutte le attività commerciali, sportive, ludiche, scolastiche, congressuali e la sospensione di ogni tipo di manifestazione all’interno dei citati territori;
- DPCM 9 marzo 2020 – che ha esteso all’intero territorio nazionale le misure di cui all’art. 1 del DPCM 8 marzo 2020, ovvero il divieto di spostamento dalla propria abitazione salvo che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o ragioni di salute, fermo restando il divieto assoluto per i soggetti in c.d. quarantena, nonché il divieto di eventi pubblici e privati, ludici, sportivi, culturali, religiosi e di manifestazioni di qualsivoglia natura;
- DPCM 11 marzo 2020 – che ha disposto la chiusura sull’intero territorio nazionale di tutti gli esercizi commerciali, ad eccezione delle attività di vendita al dettaglio di generi alimentari, di farmacie, tabaccai ed edicole;
- DPCM 22 marzo 2020 – che ha disposto la sospensione di tutte le attività produttive commerciali ed industriali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 del decreto che riguardano i beni di prima necessità e di tutti i servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali (es. trasporto pubblico);
- DPCM 1 aprile 2020 – che ha prorogato tutte le misure sopra elencate sino al 13 aprile 2020.
Orbene, questo è il breve riassunto dei vari provvedimenti speciali che si sono succeduti nell’arco di un solo mese.
Ai fini che qui ci occupano, occorre tenere soprattutto a mente le misure dettate dal DPCM 9 marzo 2020 che, come detto, ha esteso a tutto il territorio nazionale il divieto, già imposto alle Regioni del nord più colpite, di ogni spostamento delle persone fisiche sia all’interno che all’esterno del proprio Comune di residenza, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute.
Tale misura è stata ulteriormente rafforzata dal DPCM del 22 marzo 2020 che all’art. 1 lettera b) recita: “è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole “E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” sono soppresse”.
Come detto, le disposizioni, originariamente vigenti dal 10 marzo 2020 al 3 aprile 2020, sono state prorogate sino al 13 aprile 2020 con DPCM del 1 aprile 2020.
Tra le varie problematiche che si sono poste nell’interpretazione e nell’applicazione dei decreti, ovviamente una delle più significative è stata quella relativa all’esercizio del diritto di visita dei figli da parte dei genitori non conviventi con i medesimi.
Tra i chiarimenti forniti dal Ministero dell’Interno nella pagina delle FAQ del sito istituzionale (http://www.governo.it/it/articolo/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti-sulle-misure-adottate-dal-governo/14278) si legge: “Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”.
Tuttavia, le istanze di urgenza promosse dai genitori che si sono visti negare il diritto di vedere e tenere con sé i propri figli, non sono destinate ad avere una risoluzione pacifica ed univoca nei vari tribunali italiani.
Invero, se il Tribunale di Milano, nella persona del Giudice Dott.ssa Piera Gasparini, con un provvedimento del 11 marzo scorso ha stabilito, nell’ambito di una procedura di urgenza, che le statuizioni delle separazioni e divorzi, incluse quelle concernenti il diritto di visita, prevalgono sulle direttive del governo che hanno sancito il distanziamento sociale, decretando in particolare che “nessuna chiusura in ambito regionale può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione e divorzio”, diversamente si è espresso il Tribunale di Bari con il provvedimento del 26 marzo 2020.
Il succitato Ufficio Giudiziario ha infatti accolto l’istanza con la quale la madre, genitore collocatario, chiedeva di disporre la sospensione del diritto di visita da parte del padre per tutta la durata del periodo di lockdown, così motivando:
- gli incontri dei minori con genitori dimoranti in comune diverso da quello di residenza dei minori stessi non realizzano affatto le condizioni di sicurezza e prudenza di cui al D.P.C.M. 9/3/2020 e all’ancor più restrittivo D.P.C.M. 11/3/2020, al D.P.C.M. 21/3/2020, e, da ultimo, al D.P.C.M. del 22/3/2020, dal momento che lo scopo primario della normativa che regola la materia è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio (attualmente con divieto di spostarsi in comuni diversi da quello di dimora), tesa al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini ed anche dei minori;
- non è verificabile se il minore, durante la permanenza presso l’altro, sia stato esposto a rischio sanitario, con conseguente pericolo per coloro che ritroverà al rientro presso l’abitazione del genitore collocatario;
- il diritto – dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale momento emergenziale, è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie a mente degli artt. 16 e 32 della Costituzione;
- quindi, fino al termine del 3 aprile 2020, indicato nei predetti DD.PP.CC.MM., appare necessario interrompere le visite paterne ed è necessario disporre che, fino a tale data, il diritto di visita paterno sia esercitato attraverso lo strumento della videochiamata, o Skype, per periodi di tempo uguali a quelli fissati, e secondo il medesimo calendario.
In sintesi, il Tribunale di Bari ha chiaramente ritenuto prioritario il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione rispetto al diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra i genitori e figli, ritenendo che la compromissione di tale ultimo diritto sia pienamente giustificabile alla luce della situazione di gravissima emergenza nazionale che impone enormi sacrifici della propria persona a tutti i cittadini.
A sommesso avviso della scrivente, la profonda discrepanza tra i due provvedimenti discende dall’inasprimento delle misure di contenimento man mano introdotte: invero, alla data del 11 marzo 2020 (data di emissione del provvedimento del Tribunale di Milano) il DPCM prevedeva tra le poche ragioni giustificative degli spostamenti la “situazione di necessità”, sostituita poi dal DPCM del 22 marzo 2020 con la comprovata esigenza di “assoluta urgenza”, indispensabile per l’esonero dal nuovo divieto assoluto di spostarsi dal Comune in cui ci si trova.
E, alla luce delle nuove disposizioni e del senso complessivo delle misure adottate, fortemente limitative delle libertà personali costituzionalmente garantite, non vi è dubbio che il provvedimento del Tribunale di Bari, seppur discriminatorio tra genitori che vivono nello stesso Comune dei figli e genitori che vivono in un altro Comune, sia del tutto condivisibile.
Vedremo come, in mancanza di chiarimenti da parte degli enti governativi, si orienteranno gli altri Uffici Giudiziari in un momento tanto delicato, ove la contrapposizione di interessi tanto rilevanti rischia di generare delle ulteriori tensioni in rapporti spesso già fortemente compromessi.
Avv. Marta De Santis
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