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I nuovi mezzi di prova (sms, chat, email, registrazioni).

I nuovi mezzi di prova (sms, chat, email, registrazioni).

  • 5 Settembre 2018
  • cassazione, cellulare, chat, facebook, prove, sms, telefonino, whatsapp

Il codice civile italiano (artt. 2699 – 2713), nell’individuare i mezzi di prova documentali ammessi nel processo civile, oltre agli atti pubblici e alle scritture private, riconosce efficacia probatoria al telegramma, alle carte e ai registri domestici, alle annotazioni in calce, in margine o a tergo di un documento, ai libri e alle altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, alle riproduzioni meccaniche, nonché alle taglie o tacche di contrassegno.

L’epoca storica in cui il codice civile fu scritto (1942) giustifica la mancanza in esso di ogni disciplina rispetto alle nuove forme di comunicazione e corrispondenza private e, più in generale, rispetto all’uso nel processo civile dei nuovi sistemi di comunicazione. A tale lacuna sta tentando di sopperire la giurisprudenza di merito e di legittimità che, in un processo di interpretazione ancora in pieno svolgimento, ha fornito le prime indicazioni su come tali strumenti di comunicazione possono fare ingresso nei processi civili  e penali.

V’è da dire, tuttavia, che in materia vi è una forte discrezionalità del singolo giudice e che ad oggi si registrano pronunce ondivaghe e spesso discordanti tra di loro.

Invero, la norma di riferimento rispetto al processo civile, in cui, si ricorda, vige il principio di tipicità delle prove, è costituita dall’art. 2712 del codice civile che testualmente recita “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Tale formulazione, applicata ai nuovi sistemi di comunicazione, si presta ovviamente ad una pluralità di interpretazioni discrezionali a causa della mancanza di un sistema consolidato di attestazione di autenticità di sms, email, chat, etc.

Di seguito si offre una breve panoramica sulle modalità di utilizzazione dei singoli mezzi di prova e sulla loro valenza processuale alla luce di quello che è da considerarsi oggi l’orientamento giurisprudenziale maggioritario.

Sms, mms, chat.

Le mere trascrizioni (in un file word) o rappresentazioni fotografiche (screenshot) delle conversazioni avvenute a mezzo sms o a mezzo chat non sono utilizzabili come mezzo di prova se espressamente contestate dalla parte contro la quale vengono fatte valere. La copia cartacea o digitale di un documento informatico è infatti equiparata ad una mera riproduzione meccanica e, dunque, ad una semplice fotocopia; di conseguenza, essa acquisterà piena efficacia probatoria solo se la parte avversaria ne riconosca e ne ammetta la veridicità e la genuinità.

Vero è che la contestazione, come chiarito dalla Corte di Cassazione, non può essere generica, dovendo essere suffragata da valide motivazioni che spieghino perché il messaggio non può ritenersi autentico.

Tuttavia, a parere della scrivente, di fronte alla contestazione sull’autenticità dei messaggi avanzata dalla controparte, è opportuno comunque depositare – entro i rigorosi termini processuali previsti dal codice di procedura civile – una perizia di parte ad opera di un tecnico informatico che attesti la provenienza, la destinazione ed il contenuto dei messaggi in questione attraverso le specifiche metodologie di riscontro consolidatesi in materia; inoltre, per blindare la prova, è opportuno chiedere al Giudice che venga disposta una Consulenza tecnica d’ufficio sul supporto informatico per la verifica di quanto allegato nel giudizio.

Sulla possibilità di nominare il Consulente tecnico d’ufficio, chiamato ad esaminare lo smartphone e a riportare il testo della chat su un documento cartaceo ufficiale che diviene vera e propria prova nel processo, si è recentemente pronunciato il Tribunale di Milano con una sentenza della sezione lavoro del 24.10.2017.

Secondo altre pronunce sarebbe sufficiente, invece, acquisire la prova testimoniale di un terzo che abbia letto il messaggio di cui ci si vuole avvalere e che deponga sulla veridicità dello stesso in termini di provenienza e contenuto.

Anche la Corte di Cassazione penale si è pronunciata sull’utilizzabilità delle trascrizioni delle conversazioni a mezzo chat chiarendo tuttavia che l’efficacia probatoria è condizionata dall’acquisizione del supporto contenente la messaggistica (Corte di Cassazione, sezione Quinta Penale, sentenza n. 49016 del 25.10.2017). Infatti, la trascrizione non è altro che una riproduzione del contenuto della prova di cui pertanto devono essere controllate l’attendibilità, la veridicità e la paternità mediante l’esame diretto del supporto.

Avvenuto il deposito nelle modalità suindicate, lo smartphone o il supporto informatico potranno dunque essere sottoposti alla perizia di un tecnico nominato dal giudice che dovrà verificare che il testo non abbia subito alterazioni.

Quanto sopra, si ripete, a meno che la controparte non ometta di contestare il contenuto dei messaggi trascritti o stampati, nel qual caso il contenuto degli stessi sarà da ritenere pacificamente ammesso senza alcun bisogno di altri mezzi di prova che ne confermino l’autenticità.

Ad esempio, se un’azienda comunica il licenziamento ad un proprio dipendente tramite sms o WhatsApp e quest’ultimo, nei 60 giorni successivi, invia la lettera di contestazione, la ricezione del messaggio è da considerarsi pacificamente ammessa senza più possibilità di contestazione (Trib. Catania, ordinanza del 27.06.2017.

Email.

Per quanto concerne la corrispondenza a mezzo email, è fuori di dubbio che il messaggio di posta elettronica rappresenti un documento informatico, ovvero un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

Tuttavia, non vi è ancora un orientamento unanime sul considerare tale documento informatico come firmato o meno e da tale circostanza derivano due diversi orientamenti giurisprudenziali relativamente alla valenza probatoria nel processo civile.

Secondo un primo orientamento, l’email sarebbe un documento informatico recante una firma elettronica semplice, costituita dalla combinazione di username e password che consentono l’associazione della e-mail al soggetto al quale corrisponde la casella di posta da cui il messaggio è stato spedito.

Di qui discende il principio secondo il quale l’email sarebbe un documento liberamente valutabile in giudizio.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5523/2018 ha affermato che “quanto all’efficacia probatoria dei documenti informatici, l’art. 21 del medesimo D.Lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del cod. civ. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs 82/2005, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità ”.

Un secondo orientamento ritiene invece che l’ email sarebbe un documento informatico non firmato in quanto username e password non vengono inviati dal mittente al destinatario del messaggio come codici di identificazione ma utilizzati solo per l’identificazione rispetto al gestore del servizio.

Pertanto, l’email sarebbe da considerarsi una mera riproduzione informatica e, conformemente all’art. 2712 c.c. forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.

In questo senso si è recentemente espressa la Corte di Cassazione, VI sez. civile che, con ordinanza n. 11606 del 14-05-2018, ha affermato il seguente principio: “in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Il disconoscimento ad opera della controparte deve essere tempestivo, chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza fra realtà fattuale e realtà riprodotta.

Pertanto, in mancanza di disconoscimento, l’art. 2712 c.c. riconosce alle riproduzioni (fra cui, per l’appunto, l’email) efficacia di prova legale; in caso contrario, a fronte di un rituale e tempestivo disconoscimento, deve escludersi il pieno valore probatorio della riproduzione, che conserva tuttavia il minor valore di elemento di prova, che può essere rafforzato da ulteriori mezzi probatori come ad esempio la perizia di un esperto informatico ed una consulenza tecnica d’ufficio ritualmente richiesta.

Le registrazioni telefoniche e ambientali.

Le registrazioni di una conversazione telefonica e le registrazioni, anche video, di una conversazione avvenuta in un luogo pubblico o privato possono essere lecitamente utilizzate quali prove nel processo sia civile che penale.

Invero, la registrazione di un colloquio privato non costituisce un illecito penale se ricorrono le seguenti condizioni:

  • la registrazione è effettuata da uno dei soggetti che partecipano legittimamente alla conversazione;
  • la registrazione viene effettuata al fine di tutelare un diritto e viene utilizzata per esigenze di difesa durante il periodo necessario a dette esigenze;
  • la registrazione non è divulgata arbitrariamente al di fuori della sede processuale e delle finalità di tutela dei propri diritti.

Anche in questo caso, trattandosi di prove meccanografiche disciplinate dall’art. 2712 c.c., i fatti rappresentati sono da considerarsi pienamente provati purché la parte contro cui è prodotta la registrazione non ne disconosca la conformità ai fatti stessi attraverso una precisa indicazione delle ragioni per cui il mezzo di prova non può considerarsi attendibile.

La Corte di Cassazione, III Sezione civile, con sentenza n. 9526 del 22.04.2010, ha infatti precisato che il disconoscimento deve essere “chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta) e – al fine di non alterare l’iter procedimentale in base al quale il legislatore ha inteso cadenzare il processo in riferimento al contraddittorio – deve essere tempestivo e cioè avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni, dovendo per ciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, avuto riguardo alla particolare natura dell’oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione”.

Tuttavia, anche in caso di contestazione, il Giudice può trarre elementi di convincimento dalla registrazione secondo il suo prudente apprezzamento.

Ovviamente, affinché dalla registrazione possano dedursi elementi di prova da parte del Giudice, è necessario che una delle parti coinvolte nella conversazione sia anche la parte in causa.

Avv. Marta De Santis

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