
Sul licenziamento intimato prima dello scadere del termine di comporto – Commento alla sentenza delle SSUU n. 12568/2018 del 22/05/2018
- 28 Giugno 2018
- comporto, efficacia, licenziamento
La Sentenza emessa dalle SSUU n 12568 del 22/05/2018 è molto interessante, perché ha sopito e risolto un’importate questione relativa al licenziamento del lavoratore per superamento del periodo di comporto, intimato prima dello scadere del termine dello stesso.
La pronuncia affronta il seguente quesito: se il licenziamento intimato prima dello scadere del termine di comporto sia inefficace oppure nullo.
La Giurisprudenza ha oramai stabilito che il licenziamento per superamento del periodo di comporto è una fattispecie autonoma, diversa dagli altri casi di licenziamento, quali quelli per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, potendo essere assimilato solo a quello per giustificato motivo oggettivo.
Infatti il licenziamento per superamento del periodo di comporto non presuppone un inadempimento contrattuale da parte del lavoratore, ma solo l’impossibilità a fornire la prestazione lavorativa al datore di lavoro, per una circostanza che va al di là della volontà dello stesso. Siamo di fronte ad un lavoratore malato che, malgrado il termine di comporto contrattuale concesso, non è ancora in grado di guarire e tornare a lavoro.
L’art 2110 cc stabilisce che il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto di lavoro a norma dell’art 2118 c.c. decorso il periodo di malattia stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità (rectius superato il periodo di comporto del CCNL applicato).
Ma la norma codicistica non stabilisce la sorte del licenziamento intimato in violazione dell’art 2110 cc, ovvero prima dello spirare del periodo di comporto e, da qui, sorge la questione interpretativa.
La Giurisprudenza (ex multis Cass. 1657/93 e 9037/01) ha sempre considerato i licenziamenti intimati prima del superamento del periodo di comporto come inefficaci, fino all’effettivo spirare del periodo di comporto; tuttavia, la Cassazione si era sempre occupata solo di casi in cui la causa del licenziamento non era il superamento del periodo di comporto, ma aveva altro radicamento e il licenziamento era intimato in costanza di malattia.
Nel caso esaminato dalle SSUU, invece, il lavoratore è un bancario licenziato prima del superamento del periodo di comporto dalla banca datrice di lavoro, senza altra causa che non sia il superamento del comporto stesso.
La sentenza delle SSUU n 12568/18 del 22/05/2018 ha stabilito che il diritto alla salute del lavoratore deve essere tutelato e che la validità del recesso deve sussistere al momento in cui è intimato il licenziamento; in caso contrario, il licenziamento non può essere inefficace bensì nullo.
Infatti, non è possibile consentire la validità di un licenziamento senza causa al di fuori dei casi stabiliti dall’Ordinamento, quali il licenziamento del lavoratore in prova, il lavoratore domestico, il dirigente, il lavoratore ultrasessantenne che ha maturato il diritto alla pensione di vecchiaia.
Queste tipologie di licenziamenti sono le uniche in cui è consentito al datore di lavoro il diritto di libero recesso dal contratto di lavoro.
Pertanto, alla luce della recentissima interpretazione fornita dalle SSUU con la sentenza n 12568/2018 del 22/05/2018, in ordine al licenziamento del lavoratore per superamento del periodo di comporto si può dire che tale licenziamento, se intimato prima dello scadere del periodo di comporto, non può considerarsi mai nullo, bensì inefficace in quanto privo di causa.
Avv. Alessandro Gioia
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